Le proteste di Marino, il Sudamerica e il folle gesto di Pajac: quello che non tutti hanno visto

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Quando l’epica e l’imprevisto stringono amicizia, allora nasce la leggenda. E comunque vada a finire questo incredibile campionato, abbiamo la certezza che Benevento-Frosinone del 13 maggio 2017 resterà indimenticabile. Oltre undicimila persone avranno modo di tramandarne il ricordo alle generazioni successive arricchendo il racconto di dettagli personali legati al proprio vissuto, alle emozioni provate sul posto. Altre centinaia di tifosi incollati agli schermi con la sofferenza tipica dei grandi eventi, invece, potranno riferire dell’esperienza paranormale che porta a sentirsi contemporaneamente in due luoghi separati: casa propria e il Vigorito, magari distanti tra loro centinaia di chilometri.

Ma se i racconti sono emozionanti proprio perché personali, è giusto arricchirli di particolari che possono essere sfuggiti nell’euforia del momento, anche a causa di una diversa posizione all’interno dello stadio e delle riprese di Sky Sport che hanno staccato subito sui replay dell’azione precedente senza testimoniarli.

In tribuna, ad esempio, intorno al 40′ della ripresa ci siamo accorti del pressing asfissiante di Pasquale Marino nei confronti del IV Ufficiale Saia. L’allenatore del Frosinone esigeva un recupero sostanzioso, fiutando aria d’impresa per i suoi, ormai rivolti all’attacco con l’inserimento di Mokulu e uno schieramento ultra offensivo. Il pressing di Marino è durato circa cinque minuti, quello del suo Frosinone molto meno. I ciociari, dopo la segnalazione dell’extra-time, si sono sciolti come neve al sole fornendo all’allenatore la sensazione amarissima che probabilmente sarebbe stato meglio chiudere tutto al 90′.

E invece il destino ha voluto che da quel momento gli occhi del pubblico siano stati rivolti alla Curva, in festa per un pareggio che avrebbe tenuto aperte le speranze play off fino all’ultimo minuto di campionato. Dal settore caldo ai Distinti, il Vigorito è diventato una bolgia. La gente di Benevento ha trasmesso un segnale che sui nervi dei giocatori è risultato ancora più forte di quello che si immaginava trasferire. Ed è qui che un altro imprevisto si è mescolato all’epica.

La Strega conquista una punizione in zona offensiva, lato sinistro dell’area di rigore. Pajac ha la palla tra le mani e vede avvicinarsi Viola, pronto a calciare di sinistro. Che fa, gliela consegna? Neanche per sogno. Il croato tira fuori gli artigli, è entrato col piglio giusto, si è calato nella parte, si è visto anche annullare un gol rimediando nella circostanza un giallo per proteste. Gli urla qualcosa che possiamo solo immaginare. “Vai dentro, calcio io”, o cose simili. Viola allora va in area senza battere ciglio, anche perché siamo agli sgoccioli. E attende, forse prega. Qualcosa comunque succede, perché la palla arriva proprio sui suoi piedi: controllo, sinistro, palo. Nuovo controllo, nuovo sinistro al centro.

Il resto, ancora adesso, a distanza di ore, preferiamo immaginarlo chiudendo gli occhi. Ci abbandoniamo alle urla del Vigorito, al suono immaginifico della palla che si infrange sulla rete alle spalle di Bardi. Alla fotografia di Ceravolo, che zoppo da dieci minuti trova la forza di fiondarsi sull’ultimo pallone disponibile. E a quell’atmosfera da stadio del Sudamerica che Antonio Nucera, telecronista di Sky Sport, ha portato a conoscenza di chi seguiva da casa gli avvenimenti folli del Vigorito. Non eravamo alla Bombonera di Buenos Aires, ma l’epica si era appena mischiata all’imprevisto. Quando accade questo nulla sembra poi così reale. E nulla impossibile.

Classe '90, beneventano dentro e fuori dal campo. Pubblicista dal 2012, laureato in Scienze della Comunicazione. Dal 2009 al seguito dei colori giallorossi con un pc sottobraccio. La B un sogno realizzato, ma non c'è conquista più bella di quella che deve ancora arrivare...