L’aneddoto. Don Gaetano, la Casertana e quella “promessa”

All'andata la squalifica costrinse Auteri a seguire il match dalla tribuna

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AuteriSono le 15.53 del primo novembre 2015, il sole splende su Caserta e sulla Casertana. Da qualche istante Andrea Tardino della sezione di Milano ha fischiato per la terza volta nel giro di pochi istanti colorando di fatto il derby di rossoblu. Il Pinto è in festa, il Benevento al tappeto nonostante un coraggioso forcing finale. Tra le 2.600 anime presenti sugli spalti dell’impianto casertano i più fortunati riescono a scorgere la sagoma di Gaetano Auteri, intrappolato dalla squalifica in una cabina usualmente riservata ai cronisti di tv e carta stampata. E’ lì ma nelle precedenti due ore avrebbe voluto essere altrove. Non in un altrove qualunque ma un centinaio di metri più avanti, a un passo dalla linea laterale, in piedi nell’area tecnica della sua panchina. E invece sbatte amaramente i pugni sul tavolo, arrabbiato ma non deluso. Si lascia scappare qualcosa prima di chiudersi in un silenzio riflessivo: “Non è possibile che abbiamo perso questa partita. Non è possibile…”.

Ha sempre avuto grande fiducia nei suoi ragazzi, Don Gaetano. E quel giorno non mancò di sottolinearlo con la gestualità e le direttive impartite nel pre gara al suo vice Cassia. Una routine consolidata nel momento in cui l’allenatore è vittima di una squalifica. I due vivono in simbiosi, si capiscono al volo, assaporano le stesse sensazioni. E visto che il regolamento impedisce le comunicazioni tecnologiche tra spalti e panchina questa non può che essere un’arma letale. Lo si può fare solo a gioco fermo, durante l’intervallo. E quella di Auteri fu una telefonata potenzialmente in grado di smuovere mari e monti oltre che le coscienze di un gruppo unito. “Credo ciecamente in voi, siete i più forti, tornate in campo e giocate come sapete perchè sono certo che avete tutte le carte in regola per vincere questa partita”. La ripresa sarebbe poi iniziata con un eurogol di Negro; un’invenzione estemporanea, un colpo di genio.

Il Benevento ci avrebbe provato fino in fondo senza trovare fortuna in un match che certamente non avrebbe meritato di perdere. Fino ad arrivare alle 15.53, a quei pugni battuti sul tavolo e a quell’uragano di pensieri rabbiosi. Trascorsi cinque minuti Don Gaetano si alza ragionando nuovamente a voce alta. Parole che sanno di promessa: “Partite così non ne perderemo più… non in questo modo”. Parla tra sè e sè, non si rivolge a nessuno. Poi prende la strada degli spogliatoi con la mente già rivolta al turno successivo. Tira un vento fastidioso e il sole splende su Caserta, ma in fondo è ancora il primo novembre, è ancora autunno e Don Gaetano non è un visionario. Nella sua testa il sogno di una dolce primavera è più vivo che mai.