Dall’America al Vigorito: “Attraverso il mondo e sogno la serie A”

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Dieci ore di volo per un amore smisurato. Attraversare l’oceano Atlantico solo per assistere a una partita non è da tutti, ma Antonio Attanasio non ha avuto un minimo di esitazione. Anche perché non si tratta di una partita qualunque. “Non mi sarei perso questa finale per nulla al mondo”, ci confessa. Ma è indubbio che il suo percorso racchiuda tanta follia.

Lo abbiamo incontrato nel cuore di Benevento cogliendo immediatamente tanto ottimismo relativamente al risultato della finale di ritorno contro il Carpi. Classe ’61, al momento imprenditore e precedentemente rappresentante per aziende che si occupano della produzione di marmi e graniti tra Stati Uniti, Italia e Brasile, non ha mai perso il legame con la sua terra: “I viaggi sono stati una costante della mia vita – dice – ma quando si tratta del Benevento non possiamo limitare il discorso a una semplice traversata. E’ un sogno che spero si realizzi per me stesso e l’intera città”.

La beffa riguarda il biglietto. Perché Antonio nonostante tutto non è riuscito ad entrarne in possesso: “Sono atterrato sabato scorso, quando i tagliandi erano già stati polverizzati. Mia nipote ha provato a fare la fila per provvedere, abbiamo chiesto la disponibilità di posti in tribuna Vip, ma niente da fare. Spero di cuore, oltre che in un ampliamento, nel buonsenso del club perché per me sarebbe una sorta di dramma”.

Un dramma non solo per un viaggio così, ma anche per il cammino della Strega seguito  con passione e sofferenza davanti al monitor del pc, rigorosamente in streaming: “Non mi sono perso una partita. Provo sempre a esportare la beneventanità in qualunque cosa io faccia a New York, indossando spesso maglie giallorosse nel quotidiano e parlando di Benevento ai miei amici. Ora stanno imparando a conoscerla bene, da agosto prossimo spero ancora meglio”.

Sulla stagione che volge al termine Antonio non ha mai avuto dubbi: “Ho capito dalla sua prima conferenza stampa stagionale che Oreste Vigorito avrebbe costruito una squadra per vincere. E’ un uomo lungimirante, non partecipa ai campionati tanto per farlo, al di là della categoria o discorsi di questo genere. Sono stato da subito convinto che il Benevento avrebbe fatto un grande torneo; ho sofferto a distanza e alla fine credo che questa finale sia meritatissima”.

Il momento topico del campionato non ha bisogno di particolari commenti: “Ero a casa mia quando Ceravolo ha gonfiato la rete del Frosinone. E’ stata la svolta della stagione, come il gol di Campagnacci contro il Catania lo scorso anno. Infatti, se ricordate, anche il boato del Vigorito fu simile, o almeno dal video si intuì questo. Spero di vivere quell’atmosfera di persona contro il Carpi”.

Intorno al suo ritorno a Benevento, anche una questione scaramantica: “Lo scorso anno tornai in Italia in occasione della partita con il Lecce. E pure in quel caso, mi dissi, non potevo mancare. Così presi un volo e rimasi nel Sannio soli cinque giorni. Quest’anno resterò qui una settimana in più, ho preferito fare le cose con comodo”.

Particolare la descrizione sui cambiamenti della città in questi anni di visite a intermittenza: “In tante cose ogni volta che torno la trovo gradualmente peggiorata, ma resta la mia città. E non la cambierei con nessun’altra. Spero che in caso di promozione l’economia beneventana possa subire un’impennata importante. Troppi negozi stanno chiudendo, anche in centro, e la cosa mi rattrista. Bisogna sfruttare la spinta che in questo momento il calcio è in grado di fornire. Diciamo che in quel caso avremmo vinto la lotteria, ma il difficile verrà dopo, nella gestione di una risorsa così importante”.

Trentacinque anni fa la partenza per gli States: “Era il 12 luglio 1982 e il giorno prima l’Italia batté la Germania nella finale mondiale di Madrid. In America portai con me tanti sogni e la Coppa del Mondo. Ma ora c’è in palio qualcosa di più. Voglio tornare da mia moglie Kim e dai miei tre figli con in tasca la serie A”. George Puscas come Paolo Rossi, si può fare.